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FIOM-CGIL di Milano , in persona del Segretario generale territoriale pro tempore, signor Ermes RIVA, rappresentato, assistito e difeso per delega a margine del presente atto dall'avvocato Cosimo Francioso, dall'avvocato professor Franco Scarpelli e dall'avvocato Giovanni Sozzi, elettivamente domiciliata presso lo studio degli stessi in Milano, largo Richini, 4;
IBM ITALIA S.p.A. ,
in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in
Milano, via Tolmezzo, 15, elettivamente domiciliata ai fini del presente
giudizio in Milano, via Podgora, 1, presso lo Studio degli avv.ti Vincenzo e
Romolo Stanchi.
Poco prima dell'ultimo rinnovo del CCNL dell'industria metalmeccanica privata (avvenuto poi nel mese di giugno del 1999), il datore di lavoro IBM ITALIA S.p.A. aveva unilateralmente elargito alla maggioranza dei propri numerosi dipendenti aumenti retributivi “parametrati” secondo il livello di inquadramento di ciascuno dei destinatari, erogandoli in due tranche (così riproducendo esattamente lo stesso "modello" dell'imminente rinnovo del contratto collettivo nazionale), ma "comprensivi" degli aumenti retributivi nascenti dal rinnovo del CCNL e anzi con la precisazione che gli ulteriori "assorbimenti" sarebbero stati posti in essere in occasione dei futuri ulteriori rinnovi della contrattazione sia nazionale che aziendale.
Tale condotta datoriale è oggettivamente idonea a ledere il bene (protetto dall'ordinamento) dell'attività sindacale, di cui gli aumenti retributivi collettivi sono momento essenziale, in quanto essa determina l'estraneazione dei dipendenti IBM dai risultati economici dell'attività sindacale di tipo negoziale: la vanificazione dei risultati dell'attività sindacale.
a) ordinare alla Società convenuta di erogare indistintamente a tutti i propri dipendenti delle unità produttive di Segrate (MI) e di Milano (via Tolmezzo, 15), gli aumenti retributivi dei minimi tabellari decisi dal CCNL 8/6/1999, alle previste scadenze di luglio 1999 e di aprile 2000, nonché tutti i futuri aumenti collettivi derivanti dai contratti sindacali (sia nazionali che aziendali), senza alcun assorbimento negli aumenti individuali precedentemente accordati;
b) emettere ogni ulteriore statuizione ritenuta
opportuna per la rimozione degli effetti della denunciata condotta
antisindacale;
La tabella in questione forniva poi due ulteriori “informazioni”:
a) la percentuale di dipendenti destinatari di aumenti retributivi unilaterali è stata nel 1999 (l’anno del contratto) più che doppia rispetto a quella dell’anno precedente (47,5% rispetto a 22,9%);
b) soltanto con gli aumenti retributivi unilaterali del 1999 (meglio di fine 1998, ma quando ormai la fase conflittuale del rinnovo contrattuale era stata avviata), IBM aveva inserito per la prima volta l’esplicita dichiarazione di assorbibilità.
D) All’udienza del 28/6/1999, in sede di interrogatorio libero, il procuratore speciale di IBM aveva confermato che mai in passato la Società aveva previsto né praticato l’assorbibilità degli aumenti unilaterali a fronte degli aumenti derivanti dalla contrattazione sindacale (nazionale o aziendale). Soltanto in occasione degli aumenti decisi a fine 1998, ed erogati nel 1999, IBM aveva inserito per la prima volta nelle lettere di comunicazione degli aumenti stessi la dichiarazione esplicita di assorbibilità (v. lettere in atti, sub docc. 2.D.5/ D.6, nonché doc. 2.E). Insomma, la Società confessava il fatto che la dichiarata intenzione di procedere all’assorbimento degli aumenti retributivi unilaterali, a fronte degli aumenti derivanti dall’attività sindacale, costituiva una radicale novità.
E) Con decreto 30/6/1999 (doc. 2.A), il Giudice respingeva il ricorso.
F) Contro tale decreto, la FIOM-CGIL di Milano proponeva tempestivamente opposizione (v. doc. 3), in quanto:
questo
effetto di oscuramento dell’attività sindacale non si era limitato al rinnovo
nazionale concluso nel 1999, ma era destinato ad incidere negativamente sulla
contrattazione aziendale, privata anch’essa della possibilità di risultati
economicamente “visibili”;
l’antisindacalità
in questione era radicale, in quanto (per l’appunto) “recideva le
radici” del sindacato, vale a dire la sua capacità di determinare, attraverso
la dinamica conflitto/contratto, i livelli retributivi di una collettività di
lavoratori. Nel contempo, l’antisindacalità in questione era anche moderna,
in quanto l’effetto di “oscuramento” non si realizzava attraverso la
demolizione fisica del soggetto sindacale, ma attraverso lo svuotamento della
sua funzione. Il sotto-sistema aziendale (di determinazione delle retribuzioni)
agiva come una sorta di ameba che inglobava –letteralmente assorbiva-
il sotto-sistema sindacale, metabolizzandolo al proprio interno, con il
risultato che, alla fine del processo, dei due sotto-sistemi salariali ne
sopravviveva uno solo, il sistema
aziendale;
H) Con sentenza n. 363 del 25/1-10/2/2000 (doc. 1), il Giudice rigettava il ricorso in opposizione della FIOM-CGIL di Milano, sentenza che viene impugnata con il presente ricorso in appello.
Con riferimento a questi passaggi della motivazione, occorre osservare che gli argomenti sopra riportati sarebbero forse pertinenti se la condotta antisindacale denunciata dalla FIOM-CGIL fosse stata la lesione dell'esercizio del diritto di sciopero (idoneità dell'erogazione di superminimi individuali ad indebolire la capacità di autotutela collettiva) ovvero la lesione dell'attività sindacale nel momento della formazione del contratto collettivo (idoneità dell'erogazione di superminimi individuali ad indebolire la capacità di conseguire maggiori incrementi salariali sul piano collettivo), mentre non era così.
Come risulta dagli atti processuali del primo grado e come si è ribadito nelle premesse del presente ricorso d'appello, la condotta antisindacale dedotta e censurata dal Sindacato milanese afferiva all'attività sindacale nel momento della percezione dei risultati della contrattazione collettiva da parte dei dipendenti IBM di Milano, e cioé all'idoneità dell'assorbimento a porre nel nulla i risultati della contrattazione collettiva e a "separare" i lavoratori, rendendoli disinteressati rispetto all'attività sindacale.
In considerazione dell'entità degli aumenti individuali erogati da
IBM (assai superiore -come già detto- ai risultati salariali del contratto
nazionale) il meccanismo degli "assorbimenti" era ed è destinato a
perpetuarsi anche in occasione dei prossimi rinnovi contrattuali (sia
nazionali, sia aziendali). La "separazione" delle maestranze dai
risultati dell'attività sindacale diverrà dunque permanente,
pregiudicando anche la futura capacità di mobilitazione del Sindacato,
giacché la stragrande maggioranza dei dipendenti IBM non avrà alcun interesse
alla futura contrattazione collettiva, sapendo fin dall'inizio che
questa non potrà portargli alcun vantaggio economico.
Con riferimento a questo passo della motivazione, occorre precisare che la FIOM-CGIL non ha mai inteso denunziare come antisindacale la dichiarazione aziendale con la quale si comunicava l'intenzione di procedere all'assorbimento. >
L'atto di procedere all'assorbimento degli aumenti individuali a fronte degli aumenti collettivi è invece uno dei fatti costitutivi della condotta antisindacale (altro fatto costitutivo è l'erogazione di aumenti individuali "generalizzati" e "riproducenti" le forme proprie degli aumenti collettivi). Nel passato, infatti, IBM non aveva mai effettuato alcun assorbimento e così facendo aveva mantenuto distinte e separate le due fonti di determinazione del trattamento retributivo globale (quella collettiva/sindacale, derivante dall'attività sindacale, e quella unilaterale/aziendale, derivante dalle scelte "incentivanti" dell'Azienda).
L'effettuazione degli assorbimenti in occasione dell'ultimo rinnovo del CCNL ha invece determinato l'alterazione del precedente equilibrio (basato sulla comune percezione della separatezza e della distinzione delle due fonti), alterazione che si è realizzata con pregiudizio della posizione del Sindacato, che diventa oggettivamente incapace (agli occhi dei lavoratori) di assicurare vantaggi di ordine economici.
In altre parole, la duplice mossa operata da IBM
(aumenti prima e assorbimento poi di quegli stessi aumenti) ha messo in scacco
il Sindacato, paralizzandone, oggi e in futuro, l'attività e mettendone in
discussione la sua stessa ragion d'essere.
Nella fattispecie concreta è pacifico - ed esplicitamente ammesso da controparte - che:
a) precedentemente al 1999 la clausola di assorbibilità degli aumenti individuali da parte dei successivi aumenti collettivi non era mai stata inserita negli atti negoziali fonti dei superminimi stessi (lettere di aumento);
b) un siffatto assorbimento non era stato comunque mai operato.
Nel caso di specie dunque, alla luce dei diversi atti negoziali (senza alcuna assorbibilità i precedenti, con espressa dichiarazione di assorbibilità quelli del 1999) e del comportamento complessivo di IBM, anche posteriore agli atti stessi, deve ritenersi dimostrato (anche, se vogliamo, per un comportamento qualificabile come uso aziendale) che, precedentemente al 1999, la IBM aveva concesso aumenti individuali non assorbibili, e che per la prima volta nell'aprile 1999, in coincidenza con la fase di agitazione per il rinnovo del contratto collettivo nazionale, ha modificato la propria politica.
Non è quindi in questione il problema teorico-astratto dell'assorbibilità del superminimo, ma lo specifico comportamento di IBM che, per la prima volta e in coincidenza con la fase più acuta del conflitto per il rinnovo del CCNL, ha attuato una diversa politica retributiva, individuale nella forma ma oggettivamente collettiva, idonea per le ragioni più volte sottolineate a impedire il normale e fisiologico sviluppo dell'attività sindacale.
Sotto questo profilo, appaiono fuori tema e irrilevanti le osservazioni del Giudice sull'impossibilità di apprezzare l'effettiva incidenza sulle trattative contrattuali e i concreti effetti negativi della condotta di IBM. E' infatti il comportamento della Società in sé ad essere antisindacale, in quanto oggettivamente diretto (e idoneo) a "limitare l'esercizio (...) della attività sindacale" (art. 28), poiché diretto a separare la condizione dei dipendenti IBM dagli andamenti e risultati della contrattazione collettiva, inficiandone a priori qualsiasi effetto di attrazione e coinvolgimento.
Non è in discussione il fatto che, sul piano individuale, datore di lavoro e lavoratore conservino, nel normale esercizio dei poteri negoziali, il diritto di concordare una misura specifica della retribuzione ed anche regole individualizzate di coordinamento con la fonte collettiva (ivi compresa una clausola individuale di assorbibilità). Tuttavia, una valenza completamente diversa deve assegnarsi al comportamento di IBM che, in una logica seriale e dunque oggettivamente collettiva, interviene con una radicale innovazione della propria politica salariale proprio nel momento in cui è in discussione e prossimo il rinnovo del contratto collettivo nazionale.
Vi è qui la lesione dell'interesse giuridicamente
protetto delle organizzazioni sindacali - quali portatrici dell'interesse
collettivo - al rispetto delle regole del gioco, al libero e incondizionato
sviluppo del conflitto a fini contrattuali, che è minato dal comportamento
datoriale inteso a rendere inutile a priori l'attività sindacale sul suo
terreno storicamente più significativo (la fissazione delle retribuzioni
standard per i lavoratori).
Su questo punto centrale della prospettazione attorea, la sentenza appellata se la cava nei seguenti testuali termini: "(non) è riscontrabile quella "antisindacalità radicale", connessa in ricorso alla vanificazione di ogni risultato dell'attività sindacale (e correlata funzione del sindacato) a causa dei rilevanti aumenti retributivi concessi (del resto anche negli anni passati seppure in percentuale minore di lavoratori) da parte IBM, giacché, come ovvio, il risultato della azione e trattativa sindacale non si apprezza unicamente sul piano economico, ma anche (e soprattutto) sul piano normativo, che la condotta IBM non ha intaccato" (cfr. doc. 1, pag. 2).
L'estensore della sentenza appellata finisce così col negare che soprattutto la contrattazione dei livelli economici sostanzia storicamente l'attività sindacale.
In verità, poiché quelli economici sono il prodotto primo dell'attività sindacale, porli nel nulla -come ha già fatto e sta ancora facendo IBM- costituisce un'aggressione all'attività sindacale.
La distinzione tracontrattazione sul piano economico e contrattazione sul piano normativo, affermando per di più la supremazia della seconda rispetto alla prima, è comunque erronea.
La contrattazione collettiva nel suo complesso (indipendentemente dai singoli istituti che la compongono) svolge una funzione di tipo normativo, giacché detta le regole generali e astratte per disciplinare i contenuti dei singoli rapporti di lavoro cui si applica. Le uniche clausole dei contratti collettivi che sfuggono a tale natura normativa sono quelle che fondano situazioni giuridiche correlate (diritti e corrispettivi obblighi) direttamente in capo ai soggetti contrattuali (associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro o aziende).
A tutto voler concedere (alle argomentazioni dell'estensore della sentenza appellata), si potrebbe giustificare la distinzione tra le clausole della contrattazione collettiva che fissano i minimi salariali inderogabili e le clausole che regolano altri istituti.
Senonché, l'attività sindacale di contrattazione dei minimi inderogabili non soltanto è quella fondamentale e primaria, giacché il sindacato moderno nasce e si sviluppa avendo di mira proprio questa finalità, ma essa è soprattutto quella che il nostro ordinamento costituzionale riconosce e tutela: l'articolo 36 della Costituzione repubblicana (inserito significativamente sotto il titolo III, Rapporti Economici, al pari del successivo art. 39 sulla libertà sindacale) afferma il principio di proporzionalità e sufficienza della retribuzione. Come noto, la giurisprudenza ha dato attuazione a tale principio riconoscendo che la contrattazione collettiva dei minimi inderogabili fornisce i parametri per l'individuazione della retribuzione proporzionale e sufficiente.
La prospettazione della sentenza appellata deve dunque essere rovesciata: l'attività sindacale di contrattazione è soprattutto contrattazione effettiva dei minimi inderogabili e tale funzione dell'attività sindacale appare dotata della dignità di principio costituzionale. In altre parole, perché vi sia attività sindacale di contrattazione è necessario che l'associazione sindacale sia in grado di contrattare minimi inderogabili effettivi per l'insieme delle maestranze, mentre non è sufficiente che tale funzione venga svolta a vantaggio di una minoranza di lavoratori o venga surrogata dalla contrattazione di altri istituti.
D'altro canto, la contrattazione collettiva dei trattamenti retributivi minimi inderogabili è espressamente riconosciuta nell'ambito del vigente sistema di relazioni industriali, che affida tale funzione proprio alla contrattazione collettiva di categoria (v. sub doc. 6, il protocollo del 23/7/93).
La condotta datoriale che lede l'attività
sindacale di contrattazione collettiva, ponendo nel nulla proprio il suo
aspetto fondamentale di fissazione dei minimi inderogabili, si connota dunque
pienamente come condotta antisindacale.
TUTTO CIO' PREMESSO
l'appellante FIOM-CGIL di Milano, come
sopra rappresentata e difesa,
che il Presidente della Corte di Appello
voglia nominare il Giudice relatore e fissare ex art. 435 c.p.c. l'udienza di
discussione alla quale dovrà comparire la Società appellata, previa
costituzione nei modi e nei termini di legge, per ivi sentire accogliere le
seguenti
Voglia la Corte d'Appello di Milano, ogni
contraria istanza disattesa e respinta, in riforma della sentenza del Tribunale
di Milano, in funzione di Giudice Unico del Lavoro, del 25/1-10/2/2000, n. 363,
così giudicare:
NEL MERITO
a) ordinare alla Società convenuta di erogare indistintamente a tutti i propri dipendenti delle unità produttive di Segrate (MI) e di Milano (via Tolmezzo, 15), gli aumenti retributivi dei minimi tabellari decisi dal CCNL 8/6/1999, alle previste scadenze di luglio 1999 e di aprile 2000, nonché tutti i futuri aumenti collettivi derivanti dai contratti sindacali (sia nazionali che aziendali), senza alcun assorbimento negli aumenti unilateralmente accordati in precedenza; <
b) emettere ogni ulteriore statuizione ritenuta opportuna per la rimozione degli effetti della denunciata condotta antisindacale;
IN VIA ISTRUTTORIA, si rinnovano le richieste già avanzate in primo grado, e quindi si chiede:
a) ammettere prova per interpello e testi sulle circostanze di fatto dedotte in narrativa sub A, da intendersi qui integralmente ritrascritte e precedute dall'inciso "vero che", qualora esse fossero oggetto di contestazione. A testi, con riserva di controdedurre e indicare altri testi in relazione al capitolato avversario, i signori: Alfio Riboni , Giovanni Talpone, Valeria Bernardi, Walter Zucchelli, Francesco Mastrapasqua, Umberto Varischio, Marisa Dolci, nonché tutti gli altri dipendenti della Società opposta delle unità produttive di Milano e Segrate, previa esibizione da parte della Società degli elenchi del personale ivi assegnato;
b) disporre d'ufficio ogni altro mezzo
istruttorio ritenuto opportuno al fine del decidere, ivi compresa la C.T.U.,
nonché l’ordine alla Società convenuta di produrre in giudizio le buste paga di
tutti i dipendenti delle due unità produttive di Segrate e Milano (via
Tolmezzo) nonché ogni altra documentazione idonea ad accertare l’effettiva
percentuale dei dipendenti che hanno ricevuto gli aumenti unilaterali, l’entità
degli stessi e la loro parametrazione in base ai livelli professionali.
Si producono
A) copia decreto 3/3/1999;
B) memoria avversaria nella fase sommaria;
C) biglietto di cancelleria notificato il 6/7/99;
D) fascicolo della fase sommaria contenente:
E) verbale di udienza della fase sommaria;
F) Cass., sez. unite, n. 5925 del 12/6/1997;
G) M. Meucci,
Irrilevanza dell’intenzionalità nella condotta antisindacale, in Riv.
Crit. Dir. Lav., 1998, 293;
a) busta paga di lavoratore inquadrato al 6° livello (marzo 1999, prima dell'aumento unilaterale);
b) busta paga dello stesso lavoratore (aprile 1999, dopo l'aumento unilaterale);
c) busta paga dello stesso lavoratore (luglio 1999, prima dell'aumento del minimo contrattuale e del contestuale assorbimento);
d) busta paga dello stesso lavoratore (agosto
1999, dopo l'aumento del minimo contrattuale ed il contestuale assorbimento);
Milano, 15 gennaio 2001.
avv. Cosimo Francioso
avv.
prof. Franco Scarpelli
avv.
Giovanni Sozzi